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Yucatan parte 2: Riviera Maya e considerazioni finali

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QUI la prima parte

Così inizia la seconda parte del nostro viaggio, con base al Viva Whyndam Maya di Playacar, un sobborgo residenziale di Playa del Carmen: seguiamo il facchino verso le nostre camere che si trovano in fondo al villaggio, nelle vicinanze di spiaggia e piscina. Attraversiamo in lungo il resort, c’è molto verde e tra le piante una stupenda famigliola di aguti (dei simil-coniglietti) ci danno il benvenuto. Le stanze sono molto confortevoli ed essendo entrambe al piano terra hanno un proprio giardinetto.

Dopo una passeggiata sulla spiaggia per assaporare finalmente aria di mare, ci rifocilliamo dopo la stancante giornata al bar della piscina, che a quest’ora si trasforma in una succursale del ristorante: pizze sfornate in continuazione, hot dog, patatine fritte… Al bar tra le varie bevande sono presenti decine e decine di cocktail alcolici ed analcolici davvero molto buoni.

Il ristorante centrale offre un classico servizio a buffet con angolo show cooking. L’offerta è molto ampia per soddisfare le esigenze della clientela internazionale, spazia dalla pasta Barilla all’angolo messicano (anche se dopo aver conosciuto il vero cibo yucateco questo ci sembra veramente una brutta copia…).

L’animazione è internazionale, con anche due ragazze italiane. Non ho però opinioni in merito poiché la sera portavamo la bimba a dormire prima dell’inizio dello spettacolo, di certo non ci è piaciuta la baby dance perché di dance non aveva nulla, si trattava solo di giochi tenuti dalle animatrici del mini club, quindi non adatta ai bambini piccoli.

Il giorno seguente comincia finalmente la classica vita da mare. La sabbia è meravigliosamente bianca e stranamente non scotta nonostante il solleone. Le sdraio, disponibili gratuitamente, si trovano allineate sotto le palme.

Un sogno… peccato però che vi siano le alghe che negli ultimi anni arrivano ad ondate ”rovinando” il paesaggio caraibico della Riviera Maya. I trattori dei resort sono al lavoro già dall’alba per accumularle nel centro della spiaggia e sotterrarle in grandi buche. Nonostante ciò, ogni onda porta sulla battigia ammassi di alghe verdi che quando marciscono diventano marroni e rilasciano un cattivo odore. Peccato.

I 5 giorni al resort passano veloci, tra relax in spiaggia e in piscina (adorata dalla bimba) e alcune escursioni fatte approfittando della macchina ancora a nostra disposizione (la restituiremo direttamente in aeroporto alla partenza):

 

PLAYA DEL CARMEN

A Playa del Carmen dedichiamo due visite: la prima è un giro veloce per prendere pannolini (incredibilmente non presenti nel negozio del villaggio), la seconda la dedichiamo ad una lunga passeggiata sulla famosa Quinta Avenida, la via dello shopping e dei locali. I turisti si ammassano tutti qui, l’atmosfera è molto internazionale e moderna, non sembra nemmeno di essere nello stesso Stato dei nostri giorni on the road. Nelle vetrine si susseguono i grandi marchi del lusso e i ristoranti tipici si alternano con quelli etnici.

Al piccolo porto partono di continuo i traghetti per Cozumel mentre sulla vicina piazzetta alcuni figuranti (s)vestiti da maya inscenano spettacoli per racimolare qualche soldo.

 

TULUM

In questo viaggio non può certo mancare la visita al più famoso sito archeologico affacciato sul mare, distante neanche un’ora di macchina dal nostro resort (strada veloce non a pagamento). Vedendo la breve distanza ce la prendiamo con calma, non potevamo immaginare che dal parcheggio all’ingresso del sito avremmo perso tanto tempo: già nel parcheggio veniamo assaliti dai venditori di gite organizzate, poi dobbiamo attraversare una lunga fila di bar e negozi di souvenir da dove parte (a pagamento) un trenino che porta all’ingresso. Trattandosi ormai dei 400 metri finali decidiamo di farli a piedi (per fortuna i marciapiedi sono all’ombra degli alberi perché il sole comincia a essere cocente) anche perché Alice, addormentatasi in macchina, continua a dormire anche nel passeggino e non la vogliamo svegliare.

Finalmente arriviamo all’ingresso e dopo una coda non eccessiva per prendere i biglietti, entriamo a Tulum. Grandi poster annunciano la presenza di coati, piccoli animaletti diventati la mascotte del posto, da non toccare e non sfamare, ma noi non li vediamo. Entrati da una piccola porta nel muro di cinta (Tulum significa proprio “muro”), ci troviamo in un sito totalmente diverso dagli altri visti in precedenza. Tulum, oltre ad essere molto affollata (è la classica escursione di tutti i villaggi turistici), si trova in un grande prato (quindi niente giungla e tanto sole) e gli edifici hanno un’architettura più moderna, non vi sono né piramidi né campi di pelota che contraddistinguono il nostro immaginario maya. Tulum è stata edificata successivamente agli altri siti, infatti è stata l’unica città maya ancora abitata all’arrivo dei conquistadores e per la sua posizione a picco sul mare anche la prima avvistata.

Gli edifici più importanti sono protetti da corde di recinzione: sono il Tempio degli Affreschi, la Casa del Dio Discendente (forse il Dio Sole, raffigurato a testa in giù) ed El Castillo, in posizione leggermente più elevata, proprio sulla scogliera nei pressi dell’approdo (la baia che fungeva da porto). Da qui si può scendere con una scalinata a una spiaggetta (purtroppo completamente invasa dalle alghe) oppure ammirare una splendida vista sul mar dei Caraibi.

Dopo un giro quasi circolare, usciamo dal sito sempre attraverso una breccia nel muro di cinta. Tulum, così “poco maya”, è inevitabilmente il sito che ci è piaciuto di meno e in cui abbiamo passato meno tempo, un’oretta scarsa. Lasciamo però questo posto con il sorriso: alla biglietteria si mostrano a noi in tutta la loro bellezza i simpaticissimi aguti.

 

CENOTE CRISTALINO

Un viaggio nello Yucatan non è completo senza una visita ad un cenote, una sorta di grotta allagata con acqua dolce. Nella penisola ce ne sono tantissimi, sia scoperti che sotterranei. I primi giorni non siamo riusciti a visitare alcun cenote, o perché poco adatti a una bimba piccola o perché ci siamo trovati al momento con i tempi ridotti all’osso. Anche in Riviera Maya si trovano alcuni cenote, e tra questi decidiamo un pomeriggio di visitare il Cenote Cristalino perché abbastanza vicino al resort e soprattutto balneabile. All’ingresso ci mettono un braccialetto identificativo e ci forniscono maschera e boccaglio. A disposizione dei visitatori più paurosi ci sono anche i giubbotti salvagente (effettivamente nell’acqua non si tocca). Il cenote è molto carino, di tipo scoperto, circondato da mangrovie, con diversi bacini tra loro collegati.

Si può nuotare liberamente da un bacino all’altro, vi è anche una parte in una grotta semichiusa; nell’acqua vivono tanti piccoli pesciolini che passano tra le nostre gambe. C’è anche una zona in cui è consentito tuffarsi, e ovviamente mio marito non perde questa occasione (io invece rinuncio per paura delle rocce sott’acqua). Il cenote non è molto affollato e la maggior parte dei visitatori sono senza dubbio messicani (e infatti il loro braccialetto è di un altro colore). Una gita sicuramente consigliata, anche questa fuori dai classici circuiti turistici.

 

CONSIGLI E CONSIDERAZIONI FINALI:

CLIMA: il periodo da gennaio ad aprile è indicato come il migliore per visitare lo Yucatan ed infatti confermo un clima perfetto. Abbiamo trovato sempre belle giornate di sole sui 30 gradi, caldo ma mai afoso.

ABBIGLIAMENTO: nei siti archeologici abbiamo visto anche bambini e adulti in infradito e borsa mare, ma io consiglio per la propria sicurezza di indossare scarpe chiuse (e preferire gli zaini alle borse). Noi avevamo scarpe leggere da trekking e sono state la scelta migliore che potessimo fare. I siti maya, eccetto Tulum e parzialmente Chichen Itza, si trovano nella giungla, più o meno fitta, e se anche vi sono sentieri ben battuti non vanno sottovalutati i sassi, le radici, l’attraversamento di rovine, oltre ai pericoli di scalare piramidi con gradini consumati e scivolosi. Non dimenticate il cappello per proteggervi dal sole, molto forte già a febbraio.

ACQUA: consiglio di avere sempre con sé una bottiglietta d’acqua, soprattutto se ci sono bambini. All’ingresso di ogni sito ci sono sempre bar e negozietti in cui eventualmente rifornirsi.

MANCIA: la mancia è sempre gradita, in alcuni casi praticamente obbligatoria.

ITINERARIO: questo è stato il nostro migliore itinerario che potessimo stilare in 11 giorni voli intercontinentali compresi, cioè 4 giorni pieni di on the road e 5 giorni pieni in Riviera Maya. Fossimo stati solo io e mio marito in realtà avremmo inserito molto altro, ma con una bambina piccola al suo primo on the road (e i nonni!) abbiamo preferito fare poche cose ma fatte bene.

GUIDARE IN MESSICO: la patente internazionale non è richiesta. Guidare sulle principali strade dello Yucatan è molto semplice, ribadisco il consiglio di preferire le autostrade dove possibile. Lungo le carreteras ci sono alcuni posti di blocco della polizia: basta rallentare, fermarsi un attimo al segnale di stop (alto) e poi ripartire. Nessuno ci ha mai fermati e, nonostante certe brutte cose lette sul Messico in Italia, non abbiamo mai avuto sentori di insicurezza o pericolo. In macchina occhi aperti e attenzione ai topes, micidiali dossi rallentatori, alcuni esageratamente alti, altri non segnalati e altri ancora posizionati in punti inimmaginabili. Le assicurazioni dei noleggi auto non coprono i danni sotto il veicolo.

BAMBINI: prima di partire in tanti mi avevano dato della pazza per voler portare mia figlia a 2 anni nel pericolosissimo Messico, addirittura girando da soli in macchina. E invece il tour, scegliendo le rotte turistiche più battute, è stato a prova di bambina, gli spostamenti in auto sono stati brevi (in media 2 ore), i siti archeologici fattibili anche col passeggino (meglio se da trekking, il nostro però era di quelli leggeri a ruote piccole e lo abbiamo portato ovunque). Alice si è divertita tantissimo, ha camminato più di quanto immaginassi e ancora adesso ricorda con orgoglio le “piramidi alte alte”, i “bimbi messicani” e le “iguane grandi” (tutte sue citazioni).

Sono tornata a casa ancora più convinta che viaggiare sia uno dei doni più preziosi che possiamo fare ai nostri figli.

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